Fare L’allenatore: Alcune Riflessioni

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Di: Travis Brody
Traduzione a cura di: Enrico Brazzi
A cura di: Valentina Ferrara

 

Fare l’allenatore significa soprattutto mettere i giocatori nelle condizioni migliori per avere successo. La maniera più ovvia per farlo è allenarli bene e chiamare quegli schemi che vanno a colpire i punti deboli degli avversari. Significa inoltre mettere in campo i giocatori giusti nei ruoli giusti e lasciare che esprimano al meglio le proprie qualità.

Costringere i giocatori in ruoli in cui non possono massimizzare le loro abilità, o non rendersi conto che alcuni giocatori di talento non sono adatti al sistema che si sta utilizzando potrebbero diventare dei pericolosi precedenti. Non ci si deve fossilizzare su un sistema antiquato solo perché non si vuole imparare qualcosa di nuovo. È necessario trovare il tempo per valutare obiettivamente i giocatori e installare un sistema che sfrutti i punti di forza della squadra. È responsabilità dell’allenatore mettere in campo i giocatori migliori: sacrificare il talento per testardaggine è il modo più sicuro per farsi licenziare.

Quando giocavo in Europa, all’inizio della seconda stagione giocavamo una formazione “spread” in attacco (un running back, un tight end e tre ricevitori). Dopo aver perso di poco le prime due partite, diedi un suggerimento che pagò molto. Poiché avevamo quattro ricevitori di qualità e un tight end inesperto, consigliai di giocare con una formazione “4-wide” (un running back, quattro ricevitori, nessun tight end), per permetterci di avere i migliori giocatori in campo. Nonostante qualche dubbio riguardante la possibile mancanza di pass protection, cambiammo la formazione e i benefici furono immediati. Vincemmo senza problemi le tre partite successive ed entrammo in corsa per i playoff. Avere i migliori undici in campo era più importante che avere una maggiore protezione sui passaggi, poiché aumentando la pressione sulle secondarie avversarie, li spingevamo a spostare un difensore dal box. In questo modo migliorò non solo la nostra produttività in attacco, ma anche la nostra pass protection, in quanto la nostra nuova formazione limitava il numero di pass rusher che le difese avversarie potevano utilizzare.

Se non si hanno a disposizione due buoni running back, perché usare un sistema che li richiede? Se il lato forte della linea d’attacco è il sinistro, perché non correre più spesso da quella parte? È importante chiamare schemi e formazioni adatti alla propria squadra, imparare a posizionare in maniera corretta i giocatori e chiamare schemi che massimizzino le loro abilità. Non rendersi conto che queste piccole modifiche possono fare la differenza tra una vittoria e una sconfitta è un prendersi in giro da soli.

Si può anche imparare qualcosa dagli altri sport. Un anno, mentre allenavo una squadra di basket, notai che uno dei ragazzi giocava con più intensità rispetto ai suoi compagni. Quando era in campo, la squadra aumentava il ritmo e la pressione difensiva sugli avversari. Data l’intensità con cui giocava e la sua straordinaria abilità difensiva, quel ragazzo era uno dei nostri 3 o 4 migliori giocatori. La maggior parte degli allenatori lo avrebbe fatto partire titolare per massimizzare la sua efficacia, ma trovai un modo migliore per sfruttare le sue abilità: metterlo in campo a metà primo quarto. Entrava al posto di qualcuno che aveva problemi di falli o che stava giocando male, e il punteggio saliva da 8-7 o 10-8 a 22-10 o più. Il suo livello di intensità sorprendeva i nostri avversari e aumentava il nostro ritmo, e in pochi minuti le squadre soccombevano alla nostra pressione asfissiante. Massimizzando gli effetti delle sue capacità, quella squadra conquistò il titolo delle Scuole Internazionali Europee vincendo ventiquattro partite e perdendone solo una.

Esistono innumerevoli modi per sfruttare le abilità dei giocatori; è compito dell’allenatore metterli nelle condizioni migliori per avere successo. È necessario identificare i loro punti di forza e utilizzarli per mettere in difficoltà gli avversari e non la propria squadra.

Molte squadre mi hanno chiesto quale sia l’allenatore ideale. Fortunatamente esiste una ricetta per il successo che è stata utilizzata per anni nei campionati liceali, in quelli universitari e in quelli professionistici. L’allenatore ideale ha tra i 40 e 60 anni, perché in quell’età ha solitamente accumulato molta esperienza ma è ancora abbastanza giovane per essere aperto alle novità. Trovare un allenatore di talento in quella fascia d’età può essere un enorme vantaggio.

È difficile, ma non impossibile, trovare coach stranieri di qualità in quella fascia d’età, poiché la maggior parte di loro starà già allenando negli Stati Uniti o in Canada. Di conseguenza, saranno meno interessati ad allenare in Europa. Ma se l’obiettivo è trovare un allenatore straniero, esistono altre due alternative.

Tra un allenatore giovane (sotto i 40 anni) e uno più vecchio (sopra i 60), preferisco il primo, in quanto sarà più aperto e innovativo quando si tratta di adottare nuove strategie. In questo modo si sacrifica l’esperienza in favore dell’innovazione, ma nel football quest’ultima vale più dell’oro. Gli allenatori storici sono spesso ricordati per aver portato nuovi concetti nel football, e questa qualità dovrebbe essere sempre coltivata e incoraggiata.

I giovani allenatori stranieri sono inoltre disposti a fare esperienza all’estero prima di tornare negli Stati Uniti per continuare la propria carriera. In questo modo si possono trovare allenatori molto capaci, che vogliono conoscere il mondo e che cercano un modo rapido per ottenere un posto da head coach.

Detto ciò, ci sono molti allenatori capaci che hanno allenato con successo in Europa dopo i 70 anni. Il problema è che ce ne sono stati altrettanti che hanno messo in difficoltà le proprie squadre restando radicati nelle proprie convinzioni e rifiutando di adattarsi ai propri giocatori o di aggiornarsi. Questo potrebbe diventare irritante per quelle squadre che stanno cercando di creare un ambiente positivo. È sociologico: più si invecchia e più si diventa conservatori, e il football non fa differenza. Il problema è che il football cambia drasticamente ogni 10 anni circa, e gli allenatori devono essere abbastanza innovativi per adattare nuove strategie e tecniche. Inoltre, è probabile che un allenatore che arriva in Europa dopo la pensione sia lì per farsi una vacanza pagata, e non per aiutare a costruire una squadra. È necessario essere abbastanza intelligenti per capire la differenza.

Infine, non bisogna invaghirsi di chi ha allenato in NFL o in 1° Divisione NCAA. Gli allenatori NFL si concentrano più sulla strategia che sulla tecnica. Potrebbero inoltre avere obiettivi poco realistici per la vostra squadra, e questo potrebbe portare a dei conflitti interni. Non voglio dire che la loro esperienza non abbia valore, ma piuttosto che è meglio trovare qualcuno che abbia allenato all’high school. Questi allenatori preferiscono allenare i fondamentali e hanno lavorato con atleti che a livello di talento sono più simili ai giocatori europei.

Sono convinto che quando si cerca un allenatore sia necessario vagliare tutte le possibilità, sia a livello nazionale che internazionale. Si dovrebbe assumere un allenatore compatibile con la cultura della squadra e capace di spingere i giocatori a migliorare. Cosa più importante, l’allenatore deve essere una brava persona che i giocatori possono prendere come punto di riferimento. Deve essere un esempio, oltre a essere un ambasciatore della squadra ogni volta che si gioca.

Ovviamente è necessario fare una ricerca accurata ed essere sicuri di scegliere la persona giusta. Un allenatore può essere una manna dal cielo oppure una piaga: non è una decisione che va presa con leggerezza. Siamo a disposizione per qualsiasi consiglio o suggerimento.

Se si è intelligenti e si affronta ogni situazione con obiettività, si metterà la propria squadra e il proprio coaching staff nelle condizioni migliori per avere successo.

 

Cosa pensi di questo articolo? Hai qualche suggerimento per gli allenatori o per le squadre? Scrivicelo nei commenti.