Intervista a Travis Brody

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Travis_Brody_Occidental_College

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Intervista in collaborazione con FieldGoal.eu. La versione originale può essere vista in spagnolo.

Di: Javier Ruiz
Traduzione a cura di: Enrico Brazzi
A cura di: Valentina Ferrara

 

Travis Brody è il fondatore e l’autore della maggior parte degli articoli di The Growth of a Game, oltre ad essere il Presidente della Premier Class Consulting (PCC), un’agenzia di consulenza che assiste organizzazioni sportive europee e statunitensi nel loro sviluppo. Prima di fondare la PCC, Travis era Vice Presidente dell’area commerciale di Sports 1 Marketing, società fondata da Warren Moon, quarterback membro della Pro Football Hall of Fame.

Dal 2008 al 2010 Travis ha giocato come quarterback nei Bulls di Bruxelles, membri della Belgian Football League. Durante quel periodo ha inoltre allenato i quarterback, i ricevitori e i kick returner della giovanile dei Bulls.

Travis ha collaborato anche con altre squadre europee in qualità di consulente, allenatore e giocatore, tra le quali ricordiamo i Calanda Broncos, i Wasa Royals, i Düsseldorf Panthers, i Prague Black Panthers, i Utrecht Dominators, i Paredes CFA Lumberjacks, i Warsaw Eagles, i Riga Lions e i Reus Imperials.

Ancora oggi Travis collabora con la sua alma mater, l’Occidental College di Los Angeles, lavorando come consulente per l’Occidental Athletic Department e l’OSBLN (Occidental Sports Business and Law Network), un’organizzazione che mette in contatto gli studenti con gli ex alunni che lavorano nello sport. Divide il suo tempo tra la California, New York e l’Europa, rafforzando le partnership già esistenti e cercando continuamente nuovi territori dove i suoi clienti possano espandersi.

Attualmente sta lavorando a un progetto riguardante l’espansione del football in Europa, argomento principale del suo sito, The Growth of a Game, dove condivide il suo punto di vista sulla situazione attuale di questo sport in Europa, facendo analisi sia a breve che a lungo termine.

Essendo stato un giocatore professionista e conoscendo bene lo stato attuale del football negli Stati Uniti e in Europa, ho deciso di intervistare Travis per sapere quali sono le sue opinioni sul football europeo e sul suo futuro. Colgo quindi l’occasione per ringraziarlo per la sua collaborazione e disponibilità.

L’intervista è stata svolta sia in inglese che in spagnolo, dato che Travis parla entrambe le lingue. Si può trovare la versione originale in spagnolo su Field Goal.

Negli anni, la NFL ha fatto diversi tentativi per incrementare la propria visibilità e quella del football in Europa. Mi riferisco alla NFL Europe e alle più recenti NFL International Series. Secondo la tua opinione, quale tra le due formule è la migliore? Dovrebbero nascere altri metodi per creare sinergie tra le squadre americane e quelle europee, come ad esempio la partnership tra gli Oakland Raiders e gli Swarco Raiders?

Entrambe le formule sono state efficaci. La NFL Europe, anche se probabilmente un po’ in anticipo sui tempi, aveva il duplice obiettivo di creare un pubblico europeo e di costituire una lega di sviluppo per le proprie riserve. Nonostante fosse riuscita a centrare entrambi gli obiettivi, la lega mancava di continuità. I giocatori e gli allenatori andavano e venivano, con i primi che restavano in NFL Europe per una sola stagione. Inoltre, le squadre di Barcellona, Londra e Scozia chiusero i battenti, facendo diventare la lega a maggioranza tedesca, con una sola squadra fuori dalla Germania, Amsterdam. Al contrario, le NFL International Series puntano sul portare un prodotto di prima fascia a un pubblico più ampio, strategia che ha portato a fare il tutto esaurito in ogni partita, a parte quella disputata durante la stagione del lockout. Le NFL International Series hanno un’organizzazione maestosa, come se fossero un piccolo Super Bowl: aree per i tifosi, cerimonie pre-partita, spettacoli durante l’intervallo, ecc.. Le NFL International Series hanno avuto un buon successo e la NFL vuole aumentare la propria presenza a Londra. Al momento si giocano tre partite all’anno, e nel 2016 si potrebbe arrivare a quattro. Uno dei fattori principali nella creazione delle International Series è stata la possibilità di valutare l’eventualità di una franchigia a Londra. Credo che abbiano definitivamente provato che è uno scenario possibile.

È bellissimo vedere la partnership tra gli Oakland Raiders e gli Swarco Raiders: è la prima del suo genere e una bella cosa per il football internazionale. Tuttavia non credo che la NFL seguirà questo modello in futuro, non fa parte del suo modus operandi. Il loro obiettivo è aumentare la presenza della lega, piuttosto che del football. È per colmare queste lacune che sono nate organizzazioni come USA Football.

Sul tuo sito spieghi che il football ha impiegato molto tempo per diventare lo sport più popolare negli Stati Uniti, oltre a descrivere l’esponenzialità della sua crescita e della sua popolarità in Europa, raggiunte grazie alle nuove tecnologie, che garantiscono servizi come NFL GamePass e la messa in onda delle partite NFL sui canali televisivi nazionali. Ciononostante, al momento non sembra che il football possa scalzare sport più radicati in Europa, come il calcio o il basket. Secondo te, imparando dalla storia del football negli Stati Uniti, qual è il punto fondamentale per passare da sport minore a sport per le masse?

Credo che parta tutto dal creare un prodotto di qualità. Al momento il football europeo è nella sua fase di crescita, ma è necessario uno sforzo collettivo e obiettivo per raggiungere uno status rilevante all’interno del mercato europeo. Per anni, le squadre e le federazioni hanno avuto difficoltà a stabilire un obiettivo chiaro. È per questo motivo che esiste The Growth of a Game. Stiamo riunendo i sostenitori del football sotto una causa comune: far crescere il livello fino a che non uguaglia quello di tutti gli altri paesi.

Ora che abbiamo stabilito un obiettivo specifico, il passo successivo è migliorare la professionalità e la stabilità economica delle squadre e delle federazioni europee. È qui che entra in gioco la nostra agenzia di consulenza, la Premier Class Consulting. Aiutiamo le squadre e le leghe a diventare imprese economicamente sostenibili e a implementare nuovi modelli di profitto creando una struttura dirigenziale organizzata, responsabile e efficiente.

Il passo ulteriore è identificare e rimuovere le regole che impediscono la crescita di questo sport. In alcuni paesi è l’obbligo dell’amatorialità, in altri i limiti ai giocatori stranieri. Per potere competere con uno sport come il calcio, dobbiamo iniziare a prenderci più seriamente.

Travis Brody playing for the Brussels Bulls in 2010 (courtesy of Gary Dibble)
Travis Brody con la maglia dei Bulls di Bruxelles nel 2010 (per gentile concessione di Gary Dibble)

Hai giocato e allenato nella Belgian Football League (BFL). Com’è il livello di gioco? Com’è organizzato il campionato? Il football belga sta crescendo?

Il campionato belga è pieno di giocatori talentuosi che si impegnano, ma manca di sostenibilità economica e di sforzo collettivo. Essendo un paese diviso a livello linguistico, si punta ad identificare le differenze piuttosto che i punti in comune. Per questo motivo il campionato belga non è formato da una prima e una seconda divisione, ma da è semplicemente diviso in due gironi su base linguistica. Il problema è che in un campionato di 18 squadre solo 3 o 4 possono giocarsi il titolo. Spesso nascono nuove squadre, ma hanno difficoltà a competere con le squadre di prima fascia e a volte sono costrette a chiudere. Sarebbe meglio avere una prima e una seconda divisione, rendendo in questo modo il campionato più abbordabile per le nuove squadre, che affronterebbero avversari di pari livello. Prima o poi ci si arriverà, ci sono troppe persone intelligenti che si impegnano per il football per non riuscire a realizzare un cambiamento del genere.

La BIG6 è un torneo che riunisce diverse squadre europee d’elite. Nata nel 2014, quest’anno si è disputata la seconda edizione. Le squadre partecipanti giocano anche nel campionato del proprio paese. Potrebbe essere il punto di partenza per la creazione di una lega professionistica europea? Se sì, credi sia possibile per le squadre giocare in due campionati di alti livello come la German Football League e la BIG6?

Con la BIG6 si sta andando nella direzione giusta. Se diventasse economicamente sostenibile potrebbe veramente cambiare il football europeo. Credo che alcune squadre possano giocare sia nel proprio campionato che nella BIG6, tuttavia devono stare attente a non tirare la corda, aumentando così il rischio di infortunio per i giocatori. L’anno scorso i Black Panthers di Praga hanno giocato due partite in un giorno, vincendole entrambe. Un risultato eccezionale, certo, ma una situazione del genere espone i giocatori a rischi inutili. Nel nostro sport, la sicurezza non dovrebbe essere presa alla leggera. Il campionato austriaco gestisce bene il proprio calendario, con una stagione da 8 partite che lascia alle squadre il tempo per partecipare alle competizioni internazionali.

Affrontiamo ora il problema dei giocatori americani: alcuni paesi li proibiscono, altri ne limitano l’utilizzo. Cosa ne pensi? Quale sarebbe la politica da adottare per far crescere il livello del football europeo senza lasciar fuori i giocatori autoctoni?

Sono assolutamente a favore dell’applicazione di regole appropriate. Detto ciò, sono assolutamente contrario alle regole che ostacolano la crescita del football. Negli Stati Uniti, per esempio, sono stati creati campionati amatoriali (NCAA) e professionistici (NFL). Tuttavia, se si vuole essere presi sul serio come organizzazione professionale, è necessario ingaggiare giocatori stranieri. Imporre un tetto al numero di giocatori stranieri limita il livello di gioco e impedisce ai giocatori autoctoni di affrontare i migliori giocatori provenienti dal resto del mondo. Alcune persone temono che, con la rimozione del limite, le squadre si potrebbero riempire di giocatori americani, ma sono timori infondati. Non sarà mai fattibile né a livello economico né a livello commerciale, quindi il problema non sussiste. Per di più, se cresce il livello del campionato, crescerà anche il livello dei giocatori locali, che a un certo punto raggiungeranno il livello dei giocatori stranieri. Credo che il limite ai giocatori stranieri sia uno dei fattori principali che impedisce la crescita del football europeo. Prima lo eliminiamo, più velocemente il football crescerà. C’è bisogno di qualcuno che faccia il primo passo, e tutti gli altri seguiranno.

Nel tuo sito parli di come attrarre sponsor. Hai dimostrato che è più efficace avere più visibilità facendo un piccolo investimento nel football piuttosto che nel calcio. Hai scritto inoltre che per attirare sponsor una squadra deve essere professionale e creare un’esperienza unica per chi va a vedere le partite. Quali sono i punti fondamentali per raggiungere questo obiettivo?

La gente ti prenderà seriamente solo se tu ti prendi seriamente, quindi il primo passo è creare un’organizzazione professionale. Questo significa fare bene tutte le piccole cose, delegare responsabilità alle persone giuste, essere responsabili delle proprie azioni e provare che l’organizzazione è economicamente stabile. Il passo successivo è mettere in evidenza le caratteristiche del football: la dedizione alla squadra, la strategia, il ritmo e l’intensità della partita, l’ambiente inclusivo e i suoi valori (tenacia, gioco di squadra, impegno, unità, forza, ecc.). Infine, le squadre si devono differenziare dalla concorrenza. Magari una squadra ha un giocatore locale o straniero molto forte, oppure è molto impegnata a livello giovanile, oppure ha molto pubblico. Qualunque sia il punto di forza, va identificato e sfruttato.

Quando ti è venuta l’idea di promuovere il football europeo?

Mentre lavoravo per Warren Moon, uno dei più grandi quarterback mai esistiti, membro della Prof Football Hall of Fame. Volevo utilizzare la conoscenza e l’esperienza che avevo acquisito lavorando nel mondo dello sport e dell’intrattenimento, e giocando e allenando in Europa, per contribuire in qualche modo alla crescita del football nel vecchio continente. Giocare e vivere in Europa ha contribuito a farmi diventare l’uomo che sono ora, e volevo dare una mano per far crescere il livello di gioco e l’interesse del pubblico verso questo nostro grande sport.

Sappiamo che stai scrivendo un libro sulla crescita del football in Europa, che dovrebbe uscire nel 2017. Puoi anticiparci qualcosa?

Senza svelare troppo, posso dire che il libro parla del passato, presente e futuro del football in Europa, con un’attenzione particolare al presente e al futuro. La maggior parte del libro tratterà dello stato attuale del football e narrerà storie incredibili. Tutti i paesi in cui si gioca a football avranno la loro parte nel libro. Non vedo l’ora di condividere questa storia con il resto del mondo.

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